Al PKF2012 vi raccontiamo un anno di grande successo del cinema israeliano. Un successo dovuto non solo ai premi che i registi hanno portato a casa, ma anche ai numerosi festival che ospitano i film israeliani in tutto il mondo. Molti dei lungometraggi e dei documentari che vi presentiamo sono stati premiati, ma di questo parleremo più avanti nel catalogo. Basti dire in questa sede che abbiamo deciso di aprire il nostro festival con “un film da Oscar”, Footnote di Joseph Cedar (nominato agli Oscar nel 2011): una scelta che inaugura la serie di bellissimi film che vi proponiamo, tra cui anche l’anteprima di La sposa promessa di Rama Burshtein (Coppa Volpi a Venezia) per un evento prodotto dal PKF in collaborazione con la Lucky Red. Non mancheranno i documentari, che celebriamo anche con un omaggio a David Ofek, una delle voci più originali del cinema israeliano.
Continuiamo con nuove e vecchie tradizioni: con i PKF Professional Lab, ovvero i laboratori per le professioni del cinema, che abbiamo inaugurato lo scorso anno e attraverso i quali ci proponiamo di mettere a confronto l’esperienza israeliana e quella italiana. Con le scuole di cinema da Israele, che vede quest’anno protagonista il Dipartimento di Cinema e Televisione dell’Università di Tel Aviv.
A tre grandi registi è dedicata la sezione tematica di argomento ebraico: tre documentati su Kubrick, Polanski e Allen. Mentre per i tradizionali Percorsi ebraici incontrerete nuove e curiose storie che solo il cinema può raccontare…
Dan Muggia. Con una laurea alla Beit-Zvi Drama School, e un master in cinema alla N.Y.U. ( e diplomato alla Mandel School for Educational Leadership), Dan è stato un attore, ed oggi critico cinematografico, insegnante e curatore. Fino al 2004 ha lavorato alla Israel Film Service e dopo ha pubblicato il suo primo libro: 100 Film Masterpieces. Ha prodotto il documentario “Naomi’s Corset” di Gerard Allon’s, che ha riscosso successo in vari festival (tra cui il Jerusalem Film Festival). E’ stato managing producer del South Film Festival 2005 di Sderot, e membro della giuria al Docaviv International competition, al Jewish Experience competition del Jerusalem film Festival. Oggi Dan insegna cinema in Israele, al Sapir College e alla Beit Berl Art School.
Ariela Piattelli è nata a Roma, dove ha studiato al DAMS di RomaTre e si è laureata in Storia e critica del cinema. Oggi è giornalista e collabora con « Il Corriere della Sera ». In passato ha collaborato per alcune testate, tra cui « Il Giornale », l’agenzia Apcom (al desk di New York ) e la rivista di cultura ebraica « Shalom » di cui è ancora redattrice. Nel corso degli anni ha approfondito gli studi sul rapporto tra arti figurative ed ebraismo, e nei suoi numerosi viaggi in Israele è venuta a contatto con il cinema israeliano. Dal 1998 è consulente dell’Ambasciata d’Israele in Italia per iniziative culturali e festival cinematografici. E’ stata membro della giuria al Jerusalem Film Festival 2008 (per la sezione “Jewish Experience”) ed è curatrice insieme a Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann, del Festival Internazionale di Letteratura Ebraica. Nell’ultimo anno ha prodotto alcuni eventi culturali tra Italia e Israele, tra cui il concerto di Idan Raichel Project a Roma (Piazza del Campidoglio, in collaborazione con Zètema) e l’anteprima italiana di “Seven Days” di Ronit e Shlomi Elkabetz, nell’ambito del Festival Internazionale del Film di Roma.
Footnote – Hearat Shulayim (Nota a margine)
Il professor Eliezer Shkolnik, come suo figlio Uriel, è uno dei più importanti studiosi israeliani del Talmud. Il professore però ha un cruccio: il suo lavoro di ricerca è stato vanificato da un collega che lo ha preceduto pubblicando prima di lui. Un apparente riscatto arriva quando gli viene annunciato il conferimento del premio più prestigioso d’Israele. Così scoppia la rivalità tra Eliezer, costretto a svelare la sua vanità, e Uriel, combattuto tra il desiderio di vedere il padre ritirare il premio e quello di ricevere lui stesso un meritato riconoscimento.
Interpretato da grandi attori israeliani, come Shlomo Bar Aba e Lior Ashkenazi (Camminando sull’acqua, Matrimonio tardivo), Footnote è una buffa tragedia che narra l’universale rivalità fra padre e figlio con sfumature tipiche della rigida facoltà di ricerca del Talmud a Gerusalemme. Cedar punta sull’idea e sul linguaggio innovativo mischiando generi e dando spazio alla parola sia nella storia sia da un punto di vista visivo. Il film aveva già vinto il premio per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Cannes (2011), quando è arrivata la candidatura agli Oscar come miglior film in lingua straniera.
Anno: 2011
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 105
Lingua: Ebraico
Regia: Joseph Cedar
Sceneggiatura: Joseph Cedar
Montaggio: Einat Glaser-Zarhin
Fotografia: Yaron Scharf
Musica: Amit Poznansky
Cast: Shlomo Bar Aba, Lior Ashkenazi, Yuval Scharf
Produzione: David Mandill, Moshe Edery, Leon Edery
GOD’S NEIGHBORS – Hamashghichim (I sorveglianti)
Le regole devono essere seguite. Per i “sorveglianti” di uno squallido quartiere di Bat Yam significa garantire che tutte le donne vestano con modestia, che la gente rispetti lo Shabbat, e che gli arabi della vicina Jaffa non scorrazzino in macchina, con la musica a tutto volume. Avi, Kobi e Yaniv sono giovani e sanno lottare. Avi, il capo della banda, s’innamora proprio di una di quelle giovani che il gruppo sta “educando”…
Esordio di Meni Yaesh, che si ispira al cinema dei “master” americani (Scorsese su tutti). Il regista crea un miscela di generi alternando il realismo crudo e il kitch romantico, violenza e rifiuto di essa, religiosità e agnosticismo.Un film per riflettere sulle barriere sociali, che impongono limiti ai “ragazzi di periferia”.Al Festival di Cannes il film ha ottenuto il Prix SACD, e all’Accademia Israeliana del Cinema gli attori Roi Assaf e Gal Friedman si sono aggiudicati rispettivamente il premio per il migliore attore protagonista e migliore attore non protagonista.
Anno: 2012
Nazione: Israele, Francia
Genere: Lungometraggio
Durata: 98
Lingua: Ebraico
Regia: Meni Yaesh
Sceneggiatura: Meni Yaesh
Montaggio: Asaf Korman
Fotografia: Shahak Paz
Musica: Shushan
Cast: Roy Assaf, Gal Friedman, Itzik Golan, Rotem Ziesman-Cohen
Produzione: Jerome Bleitrach, Marek Rozenbaum
La sposa promessa – Lemale Et Ha’Chalal
Shira (Hadas Yaron) ha diciotto anni ed è la più giovane di una famiglia ebraica ortodossa di Tel Aviv. La ragazza è felice, finalmente anche lei è promessa sposa a un ragazzo della sua stessa età ed estrazione sociale. Le aspettative vengono improvvisamente infrante da una terribile tragedia: durante la festa di Purim, la sorella Esther muore mentre partorisce il suo primogenito. L’immenso dolore che assale la famiglia fa dimenticare il matrimonio di Shira, impegnata con la madre, il padre e Yochay ad accudire e dare amore al neonato. Un altro colpo di scena cambia ancora le cose: a Yochay viene proposto di sposare una vedova belga, e il matrimonio prevede il trasferimento in Europa. L’unico modo per tenere il nipotino a Tel Aviv è che Shira sposi Yochay…
Opera prima di Rama Burshtein (anche lei ebrea ortodossa), La sposa promessa èquasi interamente girato in un appartamento di Tel Aviv: la scelta di chiudere la storia in “quattro mura” non rende un ambiente claustrofobico, ma uno spazio universale e non “recluso”, dove entrano in gioco i sentimenti. Infatti il confronto tra mondo laico e religioso nel film è quasi inesistente. Presentato al Festival di Venezia nel 2012 (la Coppa Volpi è andata alla protagonista), La sposa promessa si è poi aggiudicato sette premi all’Accademia israeliana, e vinto il primo premio (ex aequo) al Festival di Haifa.
Anno: 2012
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 90
Lingua: Ebraico
Regia: Rama Burshtein
Sceneggiatura: Rama Burshtein
Montaggio: Sharon Elovic
Fotografia: Asaf Sudry
Musica: Yitzhak Azulay
Cast: Hadas Yaron, Yiftach Klein, Irit Sheleg, Chaim Sharir
Produzione: Assaf Amir
LIFE IN STILLS – Ha’Tzalmania (Lo studio fotografico)
All’età di novantasei anni, Miriam non avrebbe mai immaginato di affrontare una nuova e complicata missione. Il suo negozio di fotografie “Ha’Tzalmania” (“Lo studio fotografico” in ebraico arcaico), aperto a Tel Aviv nel 1940 dal marito, il fotografo Rudi Weissenstein, e lasciato in eredità al nipote Ben, sta per essere demolito. Il Comune infatti vuole rinnovare il palazzo: il nuovo che spazza via il vecchio, il moderno che sommerge “l’antico”, d’altra parte è una regola sempre applicata a Tel Aviv. Per la famiglia è una vera e propria tragedia, ma per Miriam ancor di più, visto che nel negozio, oltre a conservare un milione di negativi che documentano i momenti salienti della storia d’Israele, tiene ben cari i ricordi di suo marito e le memorie familiari. Così, sotto il segno di questa “tragedia”, Miriam stabilisce un rapporto speciale con suo nipote Ben e, malgrado la distanza e i conflitti generazionali, i due uniscono le forze per vincere la loro battaglia…
Life in Stills è l’opera prima della regista Tamar Tal. Un documentario sui sentimenti e sugli effetti nefasti della modernità, che suscita lacrime e sorrisi, grazie all’alternarsi di ironia, dolcezza e forza (e Miriam ne ha da vendere) che i due protagonisti infondono alla storia. Nel 2011 a Life in Stills è stato assegnato il primo premio al DocAviv, poi si è aggiudicato numerosi premi internazionali, e il premio per il Migliore Film Documentario all’Accademia Israeliana del Cinema.
Anno: 2011
Nazione: Israele
Genere: Documentario
Durata: 60
Lingua: Ebraico
Regia: Tamar Tal
Sceneggiatura: Tamar Tal
Montaggio: Tali Shefi
Fotografia: Daniel Kedem, Tamar Tal
Musica: Alberto Shwartz
Produzione: Barak Heymann, Tamar Tal
One Day After Peace – Yom echad aharei hashalom (Un giorno dopo la pace)
Robi Damelin è nata e ha vissuto in Sudafrica durante il periodo dell’apartheid. Dopo si è trasferita in Israele, dove ha perso suo figlio David, soldato di riserva ucciso nei territori occupati. Lo shock emotivo fa capire alla donna che l’unico modo per mettere fine al conflitto e all’odio è confrontarsi e parlare con il nemico. Dopo ripetute prove di dialogo respinte da parte del cecchino che ha ucciso suo figlio, Robi decide di tornare nella sua terra natale per esplorare a fondo la logica e il meccanismo della Commissione per la Verità e la Riconciliazione, stabilita nel 1995 con lo scopo di superare ed affrontare anni di odio tra i bianchi e i neri. Possiamo risolvere il conflitto israelo-palestinese prendendo esempio dall’esperienza del Sudafrica? Oggi, grazie al suo viaggio, Robi crede di sì.
One Day After Peace, girato tra Israele e Sudafrica, offre immagini incredibili di sofferenza e speranza, riconciliazione e penitenza. Il film è stato presentato in varie città del mondo, tra le altre Tel Aviv, Johannesburg, Varsavia e Sidney.
Anno: 2012
Nazione: Israele, Sudafrica
Genere: Documentario
Durata: 86
Lingua: Ebraico – Arabo – Inglese
Regia: Miri Laufer, Erez Laufer
Montaggio: Miri Laufer
Fotografia: Erez Laufer
Musica: Phillip Miller
Produzione: Erez Laufer Films
RESTORATION – Boker Tov Adon Fidelman (Buongiorno, Signor Fidelman)
Yaakov Fidelman ha settant’anni e ancora lavora duramente nel suo vecchio laboratorio di restauro, anche se la morte improvvisa del suo storico socio Malamud lo sconvolge totalmente e malgrado le continue insistenze di suo figlio Noah, giovane avvocato di successo, che vuole chiudere il negozio e costruire un palazzo di sei piani per affittare gli appartamenti. Padre e figlio si scontrano duramente ma l’arrivo di Anton, un misterioso ed eccentrico ragazzo che inizia a lavorare per Fidelman in laboratorio, cambia ulteriormente le cose. Yaakov inizia a vedere nel suo nuovo aiutante una sorta di figlio ideale…
Restoration è un film che esplora il mondo della paternità. Due figli: uno, il figlio biologico, è praticamente un estraneo, materialista, non riesce a capire il rapporto del padre con il laboratorio di restauro; l’altro, l’apprendista, è un giovane uomo che si nasconde da qualcosa e che vorrebbe seguire le orme del padre che ha “adottato”. Il film è ambientato in una Tel Aviv periferica, dimenticata, dove si scontrano due mondi: il mondo antico di un restauratore che non vuole cedere il passo ai tempi che cambiano, e il mondo moderno in una città dove i palazzi crescono come funghi, e dove i giovani come Noah preferiscono investire nell’immobile. Il film è stato presentato al Sundance 2011, dove si è aggiudicato il Premio per la Miglior Sceneggiatura.
Anno: 2012
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 103
Lingua: Ebraico
Regia: Joseph Madmony
Sceneggiatura: Erez Kav-El
Montaggio: Ayala Bengad
Fotografia: Boaz Yehonatan Yacov
Musica: Avi Belleli
Cast: Sasson Gabai, Henri David, Nevo Kimhi, Sarah Adler
Produzione: Chaim Sharir
Kamel è un giovane beduino orgoglioso del suo lavoro come guardia alla stazione centrale degli autobus nella città di Be’er Sheva. Il fatto che lui lavori per gli israeliani non è molto benvisto da suo fratello Hamed, uno dei leader del villaggio di baracche illegali, cresciuto negli ultimi tempi senza permessi. Quando la baracca che condivide con suo fratello e la cognata è in pericolo di demolizione da parte delle autorità, Kamel decide di agire. Inscenerà un falso attentato alla stazione degli autobus, per poi “sventarlo” e diventare finalmente un eroe, salvare il suo villaggio e conquistare la stima di tutti.
Il film, girato in stile documentario, narra una storia ispirata da un evento vero: nel 2005 un guardiano beduino è stato gravemente ferito dopo aver allontanato una bomba nella stazione centrale di Be’er Sheva. All’improvviso diventò un eroe nazionale.
Sharqiya(gran vincitore al Festival di Gerusalemme 2012) è un esempio importante del cinema “low budget” israeliano. Con grande modestia ci fa conoscere la realtà dei giovani beduini israeliani che si trovano fra due mondi, la società israeliana, dove essendo arabi sono sempre sospettati, e la società tradizionale beduina, che li critica per aver preferito di lavorare per lo Stato Ebraico. Attraverso questo “piccolo grande film” Ami Livne ci invita a visitare una minoranza silenziosa che vive a tutt’oggi in villaggi non riconosciuti dalle autorità locali.
Anno: 2012
Nazione: Israele, Francia, Germania
Genere: Lungometraggio
Durata: 82
Lingua: Ebraico – Arabo
Regia: Ami Livne
Sceneggiatura: Guy Ofran
Montaggio: Zohar Sela
Fotografia: Boaz Yehonathan Ya’acov
Musica: Assif Tzahar
Cast: Adnan Abu Wadi, Maysa Abed Alhadi, Adnan Abu Muhareb, Eli Menashe
Produzione: Eyal Shiray, Elie Meirovitz, Itai Tamir
Six Million and One – Shisha milion ve’echad (sei milioni e uno)
Del diario di Joseph Fisher non si sapeva nulla fino alla sua morte. I figli, come d’abitudine, rifiutano di affrontarlo, eccetto David (il regista): per lui il diario è una guida verso il passato sconosciuto del padre, sopravvissuto ai campi di concentramento di Gusen e Gunskirchen in Austria. Ma David non vuole viaggiare solo, e convince i fratelli ad accompagnarlo in questo doloroso percorso. Forse viaggiando nel passato sconosciuto riusciranno anche a riconciliare la famiglia dopo vecchie e attuali tensioni. I litigi, gli scherzi, vecchie incomprensioni, costellano questo lungo viaggio nella storia. Così, nell’oscurità dei tunnel dei campi di lavoro, dove il loro padre era costretto ai lavori forzati, i fratelli cercano di comprendere il significato della storia familiare. Esternando i più profondi dolori tra pianti e risate, Fisher crea scene dolci e amare che donano a questo film personale una rara dimensione intima.
Six Million and One è stato presentato al Festival di Haifa nel 2011 e ha poi girato il mondo. Tra gli altri premi, si è aggiudicato quello per il Miglior Documentario al Dokfest di Monaco. Nel settembre 2012 e stato presentato sugli schermi americani.
Anno: 2011
Nazione: Israele, Germania, Austria
Genere: Documentario
Durata: 97
Lingua: Ebraico – Inglese – Tedesco
Regia: David Fisher
Sceneggiatura: David Fisher
Montaggio: Hadas Ayalon
Fotografia: Ronen Mayo, Claudio Steinberg, Ronen Schechner
Musica: Ran Bagno
Produzione: Fisher Features Ltd.
THE CUTOFF MAN – Menatek Hamayim (Lo stacca acqua)
Gaby lavora per il Comune, stacca l’acqua a chi non ha pagato la bolletta. Più utenze d’acqua stacca e più guadagna. Non ha molta scelta: questo lavoro o la disoccupazione. Come un ladro si insinua nei cortili degli edifici, stacca i tubi d’acqua e scappa per le vie del quartiere.
La gente lo insulta, accusandolo delle loro disgrazie. Ma lui continua, deve sostenere la famiglia. Quando deve staccare l’acqua all’allenatore di calcio di suo figlio, le cose si complicano…
Un Neorealismo all’israeliana, un low budget film (o meglio “No budget”) che si è fatto strada sino al Festival di Venezia. Il giovane regista Idan Hubel ha consegnato la storia all’attore veterano Moshe Ivghi nel ruolo di un Sisifo dei giorni nostri, per guidarci negli angoli nascosti dei cortili della società israeliana.
Anno: 2012
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 76
Lingua: Ebraico
Regia: Idan Hubel
Sceneggiatura: Idan Hubel
Montaggio: Nimrod Eldar
Fotografia: Itay Marom
Musica: Nimrod Eldar
Cast: Moshe Ivgy, Tom Yefet, Naama Shapira
Produzione: Eitan Mansuri
THE EXCHANGE – Hahitchalfut (Il cambiamento)
Il dottorando Oded conduce una vita tranquilla, forse un po’ monotona, con la sua compagna. Un giorno l’uomo torna a casa a prendere una cosa, in un orario della giornata in cui non è mai tornato. Trova una luce diversa, che illumina la casa in modo particolare. L’unico rumore che sente è quello del ronzio del frigorifero. In quel momento cambia qualcosa, e nella sua testa scatta un meccanismo che lo porta a compiere strane azioni, a sfidare i vincoli sociali e a volte a comportarsi come un bambino. Oded, che sembra vedersi vivere da fuori, trova una persona, il vicino di casa, con cui condividere questo strano e misterioso “stile” di vita.
The Exchange, presentato nel 2011 al Festival di Venezia, è un film filosofico, che sorprenderà chi ha conosciuto la regia di Eran Kolirin attraverso la sua opera prima La banda (una commedia satirica di grande successo presentata al PKF2008). “The Exchange non è un film su molte cose quanto sulle cose stesse. I tavoli, le porte, le stanze, le sedie: tutti gli strani oggetti di cui si compone la nostra vita. “Strane“ non nel senso che stanno in agguato nell’ombra, o di una stranezza crepuscolare: strane di quella stranezza che è propria degli oggetti situati in piena luce. Il senso di mistero proprio della realtà delle cose, della realtà della vita.” Così il regista descrive il film.
Anno: 2011
Nazione: Israele, Germania
Genere: Lungometraggio
Durata: 94
Lingua: Ebraico
Regia: Eran Kolirin
Sceneggiatura: Eran Kolirin
Montaggio: Arik Lahav-Leibovich
Fotografia: Shai Goldman
Cast: Rotem Keinan, Sharon Tal, Dov Navon, Shirili Deshe, Michael Kfir, Shiri Ashkenazi
Produzione: July August Productions, Pandora Film
L’ULPAN – HaUlpan (Scuola di ebraico)
Chin ha lasciato una figlia in Cina ed è venuta in Israele per provvedere al suo sostentamento. Impiegata come donna di pulizie nella casa di Ehud, i due si sono innamorati… Sasha non ha mai pensato di emigrare in Israele, ma quattro anni dopo che la sua compagna è partita dalla Russia con la piccola figlia, ha capito che senza la bambina la sua vita non ha senso. Ha lasciato un lavoro fiorente, sbarcando nella vecchia stazione degli autobus di Tel Aviv… Marisol è cresciuta come una principessina ebrea in Perù ed è arrrivata in Israele per imparare qualcosa sulla vita. Una gravidanza non programmata ha però cambiato i suoi progetti. Loro e tanti altri personaggi si ritrovano in un corso di ebraico, all’Ulpan, per studiare lingua con l’insegnante Yoela. Qui scopriamo le loro storie personali che si intrecciano con quella di Israele.
David Ofek, ha seguito per un anno i suoi personaggi, dentro e fuori l’aula di scuola, nel tentativo di verificare se lo studio dell’ebraico è ancora il passaggio obbligato in Israele per la costruzione di un’identità nazionale e soprattutto per raccontare le storie dei “nuovi immigrati”.
Anno: 2006
Nazione: Israele
Genere: Documentario
Durata: 123
Lingua: Ebraico – Russo
Regia: David Ofek
Montaggio: Sheri Ezouz
Fotografia: Ron Rotem
Musica: Oren Menashe, Idan Einav
Produzione: Edna Kowarsky, Elinor Kowarsky
LUXURIES – Motarot (Superflui)
Asini travestiti da zebre, vaghe formule per calcolare la “capacità di sopravvivenza” e un coordinatore eternamente sfuggente: sono tutti “interpreti” in questo mosaico incredibile costruito dalla assurda realtà della post-occupazione israeliana nella Striscia di Gaza.
Il regista David Ofek invita il suo pubblico a fare un viaggio sul fronte tra Israele e la Striscia di Gaza, per scoprire i risultati di una politica che limita il trasporto dei prodotti, e in effetti risulta una sorta di assedio burocratico.
Questa è la storia delle merci, come i kiwi, la carne, i giocattoli, le scarpe, i quaderni, e anche la storia delle persone collegate a queste merci.
David Ofek come sempre nei suoi film, disegna un quadro panoramico ironico, alle volte persino comico e spesso tragico, che rivela una linea sottile che Israele ha segnato tra quello che è “necessario” e quello che è “superfluo”.
Anno: 2011
Nazione: Israele
Genere: Documentario
Durata: 54
Lingua: Ebraico
Regia: David Ofek
Montaggio: Noit Geva
Fotografia: Dror Lebendiger, Hen Lasker
Musica: Israel Bright
Produzione: Edna Kowarsky, Elinor Kowarsky – Eden Productions
No. 17 – HeHarug Ha-17 (La diciassettesima vittima)
Il cinque giugno del 2002 un terrorista palestinese si è avvicinato ad un autobus vicino a Megiddo facendosi saltare in aria. Il risultato: cinquanta feriti e diciassette morti. Una delle vittime non è stata identificata e la sua salma è stata sepolta in una fossa comune. David Ofek ha seguito durante sei mesi la commissione il cui compito era di identificare la diciassettesima vittima. Non avendo nessuno reclamato il corpo, peraltro completamente dilaniato dall’esplosione, l’indagine si insabbia rapidamente. Ofek decide allora di iniziare un’indagine per conto suo, con gli strumenti del regista e non del poliziotto, lanciandosi in una missione impossibile. Tuttavia, nel corso delle ricerche, scopre la realtà israeliana. Proprio quando le ricerche sono a un punto morto, egli scopre un indizio inatteso che forse gli permetterà di risolvere il mistero…
Un’opera forte che cerca, con grande sensibilità, ironia e curiosità, di cambiare la realtà.
Anno: 2004
Nazione: Israele
Genere: Documentario
Durata: 75
Lingua: Ebraico – Inglese
Regia: David Ofek
Montaggio: Aril Lahav Leibovitz
Fotografia: Ron Rotem
Musica: Ophir Leibovitz
Produzione: Elinor Kowarsky
The Tale of Nicolai & the Law of Return – Ha’agada al Nicolai Vehok Hashvut (La favola di Nicolai e la legge del ritorno)
La storia di Nicolai inizia in un piccolo villaggio in Moldavia. Con la caduta del comunismo Nicolai, come migliaia di suoi concittadini, cerca fortuna all’estero, lontano dalla sua casa, dalla moglie e da una figlia nata in sua assenza. Per tre anni lavora come muratore in Israele, il suo lavoro viene sfruttato da una compagnia locale che, in cambio della maggior parte dello stipendio, gli assicura il permesso di soggiorno. Ma un giorno, per caso, Nicolai viene informato che se dimostrerà di essere ebreo, in base alla legge del ritorno, può diventare padrone della sua vita. In effetti Nicolai ricorda che sua nonna era ebrea…. Così inizia la ricerca delle sue radici…
Con questo documentario (premiato nel 2008 con il Wolgin Award al Jerusalem Film Festival) David Ofek continua ad esplorare i confini del genere documentario. Questa volta affida il ruolo di Nicolai a Nicolai stesso che rivive la sua storia davanti alla cinepresa. Cosi la realtà si trasforma in un ironico racconto.
Anno: 2008
Nazione: Israele
Genere: Documentario
Durata: 54
Lingua: Ebraico – Rumeno
Regia: David Ofek
Montaggio: Arik Lahav-Leibovich
Fotografia: Dror Lebendiger
Musica: Baldi Olier
Produzione: Edna Kovarsky, Elinor Kovarsky
WAX HURTS
Regia: MAYA DREIFUSS
Israele 2001, ebraico, 23 min.
Titolo originale: Sha’ava ze co’ev (La ceretta fa male)
Hai quindici anni e vuoi andare al cinema con il ragazzo che ti piace ma non puoi perché devi badare a tua sorella… è fastidioso, soprattutto quando tua sorella è più grande di te!
TAKE NOTE
Regia: ELITE ZEXER
Israele 2008, ebraico, russo, 17 min.
Titolo originale: Tizcor et ze (Ricordatelo)
Interpreti: Tamara Klayngon, Maayan Harush
Anna, una nuova immigrata in Israele dalla Russia, è una comandante incompetente dell’esercito, e dà gli ordini agli uomini soldati. Cerca una volta per tutte di provare a se stessa di essere competente, ma perde la fiducia per il “sistema”…
BAIT
Regia: MICHAL VINIK
Israele 2008, ebraico, 12 min.
Titolo originale: Pitayon (Esca)
Interpreti: Annael Jonas, Veronica Kedar, Peter Somra
Una giovane “Tomboy” adolescente va a pescare, e si troverà con un’inaspettata compagnia …
REALITY CHECK
Regia: MICHAL VINIK
Israele 2011, ebraico, 22 min.
Titolo originale: Srak (A vuoto)
Interpreti: Hannah Pochtar, Suzana Papian, Eyal Shechter, Rudi Saada, Moshe Ashkenazi, Joel Masrva
4 novembre 1995. Due ragazze adolescenti visitano di notte la grande città, Tel Aviv, in cerca di sesso e qualcosa da fumare…
Anno: 2008
Nazione: Israele
Durata: 74′
Lingua: Ebraico
Regia: AA.VV
PINCHAS
Regia: PINI TAVGER
Israele 2008, ebraico, 30 min.
Interpreti: Anthony Berman, Michael Coresh, Jenya Dodina
Pinchas e la sua mamma sono nuovi immigrati dalla Russia. La mamma guadagna poco, facendo i turni di notte: il tempo che le resta lo passa con il suo amante. Pinchas, praticamente abbandonato a se stesso, si avvicina ad una famiglia di vicini di casa, religiosa sefardita, numerosa e calorosa…
SILENCE
Regia: HADAR MORAG
Israele 2008, ebraico, 18 min.
Titolo originale: Shtika (silenzio)
Mashda ha dodici anni e Amnon quarantacinque. I due trovano consolazione uno nell’altro. La loro relazione li lega nel silenzio, senza capire a fondo la natura del loro rapporto. Un film che spinge il pubblico nella zona dell’ambivalenza, dove questioni morali e desideri si scontrano.
TASNIM
Regia: ELITE ZEXER
Israele 2010, arabo, 12 min.
Interpreti: Estabrak Elakel, Mussa Zahalka, Nisrin Siksik, Maysa Daw, Osama Masri
Tasnim è forte e si è già fatta le sue idee. Ha dieci anni e vive in un lontano villaggio beduino. Una visita inaspettata del padre la spinge a confrontarsi con le norme conservative della famiglia e della tribù e a capire che non è più la piccola cucciola del papà.
Anno: 2008
Nazione: Israele
Durata: 60′
Lingua: Ebraico
Regia: AA.VV
ROADS
Regia: LIOR GELLER
Israele 2008, arabo, ebraico, 22 min.
Titolo originale: Drachim (Vie)
Interpreti: Waseem Nur Habshi, Daniel Chernish, Mahmud Mura, Osama Rabaya, Haled Mayer Marwat
Il tredicenne Ismayil vorrebbe uscire dal quartiere malfamato della città di Lidda. Quando un ex soldato israeliano traumatizzato arriva nel quartiere in cerca di droghe per fuggire dalla sua realtà, nasce un’opportunità inaspettata…
SEGAL
Regia: YUVAL SHANI
Israele 2009, ebraico, 23 min.
Interpreti: Yosef Carmon, Yael Yaaqov, Alma Zak
Segal si è rinchiuso da anni nel suo appartamento per vivere come vuole. Un invito inaspettato lo farà uscire di casa e forse riallacciare i contatti con il mondo che lo circonda.
EVA – WORKING TITLE
Regia: DOR FADALON
Israele 2010, ebraico, 14 min.
Titolo originale: Eva, shem zmani (Eva, titolo provvisorio)
Interpreti: Evelin Kachulin, Dror Dahan
Eva, un’aspirante attrice, cerca con difficoltà di ricordarsi che un film è solo un film.
Anno: 2009
Nazione: Israele
Durata: 59′
Lingua: Ebraico
Regia: AA.VV
Una conversazione tra Roman Polanski e il produttore e amico Andrew Braunsberg, è lo spunto per rivisitare la vita e la carriera del regista franco-polacco. Roman Polanski: A Film Memoir è un documentario che racconta la personalità e la storia del regista: la sua infanzia nel ghetto di Cracovia, la fuga da quest’ultimo, la realizzazione dei suoi primi film, il trasferimento a Parigi, la carriera in Europa e in America coronata da un premio Oscar per Il Pianista, la tragedia dell’assassinio a Los Angeles della moglie incinta Sharon Tate, il suo discusso arresto nel 1977, fino all’attuale vita professionale e personale in Francia al fianco di sua moglie Emmanuelle Seigner.
Laurent Bouzereau (che ha diretto molti documentari sul “making of” di alcuni tra i film più importanti della storia del cinema, come quelli di Steven Spielberg, James Cameron e Alfred Hitchcock) ha ripreso gli incontri tra Polanski e Braunsberg durante un soggiorno del regista nella sua casa di Gstaad dove, nel 2009, è stato costretto a restare agli arresti domiciliari per diversi mesi. Le conversazioni sono arricchite da sequenze dei film di Polanski, estratti di servizi giornalistici, ritagli stampa, documenti e foto personali mostrate in esclusiva. Il documentario è stato presentato al festival di Cannes nel 2012.
Anno: 2011
Nazione: Gran Bretagna
Genere: Documentario
Durata: 94
Lingua: Inglese
Regia: Laurent Bouzereau
Sceneggiatura: Laurent Bouzereau
Montaggio: Jeffrey Pickett
Fotografia: Pawel Edelman
Musica: Alexandre Desplat
Produzione: Andrew Braunsberg, Anagram Films, Luca Barbareschi, Casanova Multimedia
Stanley Kubrick è stato sempre affascinato dal mondo della fotografia. Quando morì Roosevelt era ancora un ragazzo. Fu allora che fotografò un edicolante triste per la morte del Presidente. Il giovane vendette quella foto alla rivista Look, e fece il giro del mondo. Inizia così il lungo racconto di Jan Harlan, che prova a svelare la personalità poliedrica di Kubrick, attraverso le interviste alla famiglia, alle persone che lo hanno accompagnato (gli attori e assistenti) e ai registi che ha ispirato (Woody Allen, Steven Spielberg, ad esempio), ma soprattutto attraverso il suo cinema, la fotografia e il ricordo del genio che è stato.
Il documentario, diretto da suo cognato e assistente Jan Harlan, contiene aneddoti, storie e testimonianze che oscillano tra la sfera professionale e privata del regista (quest’ultima quasi impenetrabile, vista l’assoluta riservatezza nella quale viveva la famiglia Kubrick) e percorrono tutta la sua carriera. Tra i racconti memorabili, quello dell’uscita nelle sale di Arancia Meccanica, quando Kubrick fu accusato di aver creato un fenomeno di emulazione, a causa della violenza nel film: il regista, malgrado il grande successo della pellicola, decise di far ritirare il film dalle sale. Un gesto che mise in evidenza l’enorme potere di Kubrick anche sui suoi produttori. La voce fuori campo del documentario è affidata a Tom Cruise, protagonista (insieme a Nicole Kidman) del suo ultimo film, Eyes Wide Shut.
Anno: 2001
Nazione: Stati Uniti
Genere: Documentario
Durata: 142
Lingua: Inglese
Regia: Jan Harlan
Montaggio: Melanie Viner Cuneo
Fotografia: Manuel Harlan
Produzione: Jan Harlan, Anthony Edward Frewin
Cominciando dall’infanzia di Woody Allen (nato Allan StewartKonigsberg) e dai suoi primi ingaggi professionali – quando scriveva barzellette per comici e quotidiani – Woody Allen: A Documentary racconta il percorso della carriera del regista: dal suo lavoro negli anni 50’-60’ come autore televisivo, cabarettista, comico e ospite abituale di talk show televisivi, fino a quello di sceneggiatore/regista con una media di un film all’anno per più di quarant’anni. Il documentario racconta la storia umana e professionale di quel ragazzo cresciuto a Manhattan in una famiglia ebraica, e destinato a diventare un artista poliedrico e regista tra i più famosi e produttivi della storia del cinema, partendo dai primi film, passando per Io e Annie, Manhattan, Zelige tanti altri per arrivare alla recente fase dell’ “Allen giramondo” con Match Point, Vicky Cristina Barcelona e Midnight in Paris.
Il regista Robert Weide (nomination agli Oscar per il Miglior Documentario con il suo Lenny Bruce: Swear to Tell the Truth) ha condotto un anno e mezzo di riprese per raccontare lo scrittore, regista, attore, commediografo e musicista, Woody Allen. Esplorando il processo di scrittura, la scelta del cast, la regia, e il rapporto con gli attori del grande “regista indipendente”, Weide ha seguito Allen dal set londinese di Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni fino alla prima a Cannes di Midnight in Paris nel maggio del 2011. Ha inoltre filmato Allen a casa, visitato i luoghi della sua infanzia e intervistato le star che hanno lavorato con lui e la sua “famiglia allargata”: Antonio Banderas, Penelope Cruz, John Cusack, Scarlett Johansson, Diane Keaton, Sean Penn e Martin Scorsese, insieme a tanti altri. Il documentario è stato presentato al Festival di Cannes nel 2012.
Anno: 2012
Nazione: Stati Uniti
Genere: Documentario
Durata: 113
Lingua: Inglese
Regia: Robert Weide
Sceneggiatura: Robert Weide
Montaggio: Robert Weide, Karoliina Tuovinen
Fotografia: Neve Cunningham, Anthony Savini, Nancy Schreiber, Bill Sheehy, Buddy Squires
Musica: Paul Cantelon
Produzione: Whyaduck Productions, Rat Entertainment, Mike’s Movies, Insurgent Media
Leibowitz – Faith, Country and Man – Leibowitz – Emuna, adama, adam (Fede, terra, uomo)
Diciassette anni sono passati dalla morte, all’eta di novantuno anni, del professore Yesha’ayahu Leibowitz, uno dei più grandi intellettuali della storia d’Israele. Ma è come se fosse ancora vivo, in Israele non passa settimana senza che il suo nome venga ricordato in vari contesti. Leibowitz era una un ebreo religioso, uno scienziato, un filosofo e un’opposizione singola senza partito. La critica di Leibowitz sfidava la politica israeliana nei territori occupati e la cultura religiosa israeliana.
Gli israeliani lo ammiravano e lo odiavano contemporaneamente, per le sue critiche alla politica, all’esercito e alla società. Nessuno poteva rimanere indifferente davanti ad un suo discorso.
Un personaggio paradossale, da una parte dogmatico e conservativo, dall’altra illuminato, innovatore e persino radicale. Il personaggio pubblico era un contestatore sempre sul campo, a voce alta quasi spaventosa. Migliaia di persone religiose e laiche di destra e di sinistra andavano a fargli visita. E la sua casa era sempre aperta a tutti.
Il film incontra i suoi alleati, discepoli, avversari e membri della famiglia, intrecciando le loro testimonianze con estratti di documentari dell’epoca, per farci scoprire quanto Leibowitz sia in effetti ancora un uomo attuale, del presente.
Anno: 2012
Nazione: Israele
Genere: Documentario
Durata: 60
Lingua: Ebraico
Regia: Uri Rosenwaks
Sceneggiatura: Rinat Klein
Montaggio: Morris Ben Mayo
Fotografia: Oded Kirma
Musica: Avi Belleli
Produzione: Haim Slutzky, Dari Shay, Dana Cohen
Era l’anno 1944, quando migliaia di uomini, donne e bambini, scampati alla guerra e ai campi di concentramento, trovarono rifugio negli studios di Cinecittà. La “Hollywood sul Tevere”, prima esempio di complesso moderno cinematografico, motivo di vanto del regime, poi depredata dai nazisti, bombardata dagli alleati e smantellata, si trasformò così in un campo profughi per sei anni. La storia dimenticata di queste persone, di cui le poche riprese esistenti sono rimaste per anni sepolte sotto la polvere, ritorna alla luce con questo documentario.
Il regista Marco Bertozzi, grazie all’enorme lavoro della ricercatrice Noa Steimatzky, racconta, attraverso le testimonianze di alcuni rifugiati di allora (tra cui il produttore di Dario Argento, Angelo Iacono), quei lunghi anni in cui Cinecittà fu la casa per migliaia di individui. I testimoni raccontano le difficoltà e gli aneddoti che hanno reso quell’esperienza indelebile. Ad esempio, alcuni profughi furono ingaggiati come comparse da Mervyn Le Roy che girava a Cinecittà Quo Vadis: come paga giornaliera ricevevano il cestino del pranzo, e a loro bastava. Ricorda un testimone: “Ci presero non perché eravamo attori, ma perché eravamo veri…”.
Anno: 2012
Nazione: Italia
Genere: Documentario
Durata: 52
Lingua: Italiano
Regia: Marco Bertozzi
Sceneggiatura: Marco Bertozzi e Noa Steimatsky
Montaggio: Angelo Musciagna
Fotografia: Ezio Gamba
Musica: Giorgio Fabbri Casadei
Produzione: Vivo film, Cinecittà Luce
Nel 2003 l’astronauta israeliano Ilan Ramon decise di portare con sé, sullo spazio, un disegno di un bambino ucciso ad Auschwitz. La missione aerospaziale si concluse in tragedia e Ilan non tornò mai a terra. Un viaggio senza ritorno, proprio come quello di quel bambino, Petr Ginz, che all’età di quattordici anni era già scrittore e artista: aveva scritto cinque storie e un diario sull’occupazione nazista a Praga. Il suo universo di riferimento era l’immaginazione, così diede vita a un racconto illustrato, “Una visita dalla Preistoria” dove il gigante mostro robotico Ka-du era usato dal governo per terrorizzare i nativi del Congo Belga: una metafora per raccontare i terribili avvenimenti a cui assisteva. Petr fu ucciso ad Auschwitz all’età di sedici anni, e nel campo di concentramento di Theresienstadt aveva fatto ben centoventi opere, tra disegni e dipinti.
Attraverso le opere, storie, sequenze di animazione e le parole di Chava Pressburger (sorella del piccolo artista), seguiamo il viaggio interiore di Petr dall’infanzia alla giovinezza, percorrendo il suo universo emozionale dove la fantasia era l’unico mezzo per sfuggire alle atrocità e mantenere la dignità di essere umano. “A Theresienstadt l’unico modo per sopravvivere era non guardare la realtà” ha detto un sopravvissuto alla presentazione del film al Jerusalem Film Festival 2012. Allo stesso festival i registi hanno ricevuto il premio “Avner Shalev”di Yad Vashem.
Anno: 2012
Nazione: Stati Uniti
Genere: Documentario
Durata: 67
Lingua: Inglese
Regia: Sandy Dickson, Churchill Roberts
Sceneggiatura: Sandy Dickson
Montaggio: Cindy Hill
Fotografia: Cindy Hill
Musica: John Califra
Produzione: Stephen Cypen
Tinghir-Gerusalemme, gli echi del Mellah – Tinghir-Jerusalem, les echos du Mellah
Kamal Hachkar è cresciuto in Francia pensando che tutti i berberi fossero musulmani. Ma a Thinghir, la sua città natale in mezzo alle montagne dell’Atlas marocchine, ascoltando i racconti di suo nonno, scopre che esistono, o meglio esistevano, altri berberi che erano ebrei. E perché non esistono più? La storia ci racconta che negli anni sessanta, malgrado una presenza ebraica e un passato di convivenza di duemila anni, gli ebrei lasciarono gli Atlas. Tutta la comunità partì.
Kamal parte come regista alla ricerca della memoria di questa comunità e della sua improvvisa partenza. Una storia conduce all’altra, la ricerca lo manda infine dal Marocco in Israele, dove trova delle famiglie provenienti da Tinghir, che son ancora circondate da suoni provenienti dalle lontane montagne dell’ Atlas.
Un film che ci rivela che a volte musulmani ed ebrei condividono un’identità comune.
Anno: 2012
Nazione: Francia
Genere: Documentario
Durata: 86
Lingua: Ebraico – Arabo – Inglese
Regia: Kamal Hachkar
Montaggio: Yaal Bittono
Fotografia: Philippe Bellanche
Musica: Shlomo Bar
Produzione: Sebastien Teze
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