PKF 2014

Torna dall’1 al 5 novembre 2014 alla Casa del Cinema di Roma (da sabato 1 a martedì 4) e l’ultimo giorno presso il Centro Ebraico Pitigliani (Via Arco de’ Tolomei, 1), il Pitigliani Kolno’a Festival, Ebraismo e Israele nel cinema, il festival giunto alla nona edizione, prodotto dal Centro Ebraico Il Pitigliani, dedicato alla cinematografia israeliana e di argomento ebraico e diretto da Ariela Piattelli e Dan Muggia.

L’edizione di quest’anno del festival è dedicata ai personaggi che hanno fatto e attraversato la Storia del Cinema. Film di apertura sarà GETT, di Ronit e Shlomi Elkabetz, che uscirà nelle sale italiane il prossimo 20 novembre, distribuito da Parthénos, pellicola appena scelta da Israele per la corsa all’Oscar come miglior film straniero. Applaudito all’ultimo Festival di Cannes, il film chiude una trilogia iniziata nel 2004 con To Take a Wife e proseguita nel 2008 con 7 Days. Protagonista del film è Viviane Amsalem (interpretata da Ronit Elkabetz, anche regista e sceneggiatrice insieme al fratello Shlomi), una donna che da cinque anni cerca invano di ottenere il divorzio dal marito Elisha, davanti all’unica autorità che in Israele possa concederglielo: il tribunale rabbinico. L’ostinata determinazione di Viviane nel voler conquistare la propria libertà si scontra con l’intransigenza di Elisha e con il ruolo ambiguo dei giudici. In tribunale sfilano i testimoni convocati dalle parti, mentre il “processo” si trascina coi suoi contorni al tempo stesso drammatici e assurdi.

Tra gli ospiti, l’attrice Gila Almagor, definita l’Anna Magnani del cinema israeliano, che presenterà Matzor (Assedio, 1969) del regista italiano Gilberto Tofano, figlio di Sergio Tofano. A presentare il film anche Ya’acov Agmon, giornalista e produttore di teatro, cinema, ed eventi culturali nonché marito di Gila Almagor; fu lui a chiamare Tofano per dirigere il film. Il film racconta di Tamar, una giovane vedova della Guerra dei Sei giorni, madre di un bambino, che in un villaggio circondata da ufficiali dell’esercito che hanno combattuto con suo marito e che lo considerano un eroe. I compagni d’armi si sentono responsabili di lei, ma Tamar tenta di uscire dal ruolo di vedova nel quale la società l’ha confinata. Sullo sfondo della “Guerra di logoramento” che seguì la guerra del 1967, la storia personale di Tamar s’intreccia con documenti d’archivio. Il film sarà restaurato nel 2015 dalla Cineteca di Bologna, per un progetto coprodotto dal PKF e le cineteche di Geusalemme e Bologna e con il sostegno del Ministero degli Esteri israeliano. 

Quindi, l’Omaggio all’attore e regista Assi Dayan, con la proiezione di alcuni suoi lavori, tra cui Life According to Agfa (interpretato proprio dalla Almagor), che racconta di un pub di Tel Aviv, frequentato da gente che non ha altri posti dove andare, dalle due padrone del locale, a Benny il poliziotto, ma anche un cantante, spacciatori di droga, qualche soldato e gli arabi che lavorano in cucina. Gila Almagor e Assi Dayan sono anche protagonisti della proiezione di due episodi di Betipulserie televisiva israeliana osannata dalla critica e adattata per la televisione in America ed in italia con il titolo diIn treatment. La serie segue la vita privata e professionale dello psicologo Re’uven Dagan (Assi Dayan). Ogni giorno della settimana il Dottor Dagan ascolta un paziente diverso. Il giovedì tocca a lui stesso andare a colloquio dalla sua psicologa (Gila Almagor). Tutti i giorni gli spettatori sono invitati a 30 minuti di terapia. Dedicato a Dayan, sarà presentato anche il documentario Life as a Rumor, diretto da Adi Arbel e Moish Goldberg, che saranno ospiti del festival. Quest’ultimo documentario sarà  in parte oggetto del primo PKF Professional Lab di quest’anno: un laboratorio dedicato all’utilizzo del materiale di archivio, dal titolo “La storia nell’oggi”, moderato dai due direttori artistici. Mario Musumeci e Maria Cristina Misiti discuteranno del “Restauro e digitale nella cinematografia contemporanea”, mentre Claudio Della Seta dei “Filmati ritrovati”. Massimo Torre si concentrerà sul “Materiale di repertorio in anni di crisi: necessità o opportunità creativa?”. In chiusura, appunto, a cura di Adi Arbel e Moish Goldberg: “Il caso Life as a Rumor – Quando l’archivio è protagonista del racconto”.
Altro documentario, The Good Son, di Shirly Berkovitz, che sarà ospite del festival, Premio del Pubblico all’International Documentary Film Festival di Amsterdam,storia di un giovane israeliano che si chiude in camera, nascosto dai suoi genitori conservatori. La sua tana diventa un quartier generale da dove far partire il proprio piano di truffe e inganni, per cambiare vita. 

La musica è protagonista del documentario I’m your man, di Lian Lunson,ritratto del musicista, poeta e scrittore Leonard Cohen, raccontato da colleghi e amici, definito da Wim Wenders “uno dei più bei film sulla musica di tutti i tempi”.

Tra i lungometraggi, Big Bad Wolves, di Aharon Keshales e Navot Papushado, film vincitore del primo premio all’Accademia Americana del Film di Fantascienza, Fantasia e Orrore, del Premio Cavallo Nero al Fantasia Film Festival di Montreal e di cinque premi della Accademia Israeliana del Cinema. Un thriller-horror – definito da Quentin Tarantino il miglior film dell’anno 2013 – che racconta la personale vendetta di un poliziotto pensionato e un padre di una bambina recentemente assassinata.
Altro lungometraggio, Next to her,opera prima di Asaf Korman, recente vincitrice del  Gran Premio al Festival di Haifa, ispirata all’esperienza di sua moglie Liron Ben Shlush, che ha scritto la sceneggiatura e che qui interpreta il personaggio principale. La storia della giovane Heli che abita da sola con la sorella Gaby (interpretata da Dana Ivgy, premio Ophir 2014 come migliore attrice non protagonista), portatrice di handicap, in uno squallido appartamento di un quartiere periferico di Haifa. Quando si scopre che Heli lascia Gaby sola per ore, per andare a lavoro, interviene l’assistente sociale, così la giovane donna è costretta a mettere sua sorella in un istituto durante il giorno. Questo evento permette al giovane Zohar di entrare nella vita di Heli e viene a crearsi un triangolo umano dove si consumano i confini tra amore, sacrificio, nutrimento e tortura.

Quindi il road movie Magic men, di Guy Nattiv ed Erez Tadmor, la storia di un anziano signore di origini greche e del suo viaggio a Salonicco e Santorini alla ricerca dello sconosciuto che salvò suo padre durante la Shoah. Film vincitore dell’Israel Film Academy per la straordinaria interpretazione dell’attore arabo-israeliano Makram J. Khoury. Il dramma è al centro di Bethlehem, di Yuval Adler, presentato al Festival di Venezia, vincitore del Premio Ophir dell’Accademia israeliana del cinema per il Miglior film e per la migliore regia, la storia del giovane palestinese Sanfur reclutato anni prima per collaborare con i servizi segreti israeliani. Tra lui e Razi, il suo contatto israeliano, si è sviluppato un rapporto intimo e di dipendenza reciproca. Quando gli israeliani vogliono ottenere informazioni sul fratello di Sanfur, ricercato per la sua attività clandestina, la faccenda si complica e esplode.

L’ultima giornata del Festival si tiene presso il Centro Ebraico Pitigliani e prevede, oltre alla replica di due documentari quali Life as a Rumore I’m Your Man, alle ore 18:00, la proiezione del cortometraggio Mi ritroverai dentro di te, scritto e diretto dal regista romano Eitan Pitigliani, interpretato dall’attore argentino Andrès Gil e girato tra i vicoli di Trastevere, l’ Isola Tiberina e la Sinagoga di Roma. Il corto racconta il viaggio in Italia di Pablo, un giovane argentino alla ricerca delle proprie origini.  

PKF Professional Lab di quest’anno, che si tiene lunedì 3 novembre in sala Kodak alle ore 18:00: un laboratorio dedicato all’utilizzo del materiale di archivio, dal titolo “La storia nell’oggi”, moderato dai due direttori artistici. Mario Musumeci e Maria Cristina Misiti discuteranno del “Restauro e digitale nella cinematografia contemporanea”, mentre Claudio Della Seta dei “Filmati ritrovati”. Massimo Torre si concentrerà sul “Materiale di repertorio in anni di crisi: necessità o opportunità creativa?”. In chiusura, appunto, a cura di Adi Arbel e Moish Goldberg: “Il caso Life as a Rumor – Quando l’archivio è protagonista del racconto”.

Prima di alcune proiezioni saranno mostrati al pubblico tre brevi servizi dal programma televisivo Rai, Sorgente di Vita, per tre storie di cantautori, poeti e musicisti, che hanno scritto, o scrivono tutt’ora, la storia della musica ebraica, da Herbert Pagani a Uri Caine passando per Noa.

Dichiarato “Festival di particolare interesse per la vita culturale della Città 2014-2016”, il Pitigliani Kolno’a Festival è realizzato con il sostegno di Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Dipartimento Cultura, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l’Ambasciata di Israele in Italia.

Direzione Artistica PKF

Dan Muggia e Ariela Piattelli

Dan Muggia. Con una laurea alla Beit-Zvi Drama School, e un master in cinema alla N.Y.U. ( e diplomato alla Mandel School for Educational Leadership), Dan è stato un attore, ed oggi critico cinematografico, insegnante e curatore. Fino al 2004 ha lavorato alla Israel Film Service e dopo ha pubblicato il suo primo libro: 100 Film Masterpieces. Ha prodotto il documentario “Naomi’s Corset” di Gerard Allon’s, che ha riscosso successo in vari festival (tra cui il Jerusalem Film Festival). E’ stato managing producer del South Film Festival 2005 di Sderot, e membro della giuria al Docaviv International competition, al Jewish Experience competition del Jerusalem film Festival. Oggi Dan insegna cinema in Israele, al Sapir College e alla Beit Berl Art School.

Ariela Piattelli è nata a Roma, dove ha studiato al DAMS di RomaTre e si è laureata in Storia e critica del cinema. Oggi è giornalista e collabora con « Il Corriere della Sera ». In passato ha collaborato per alcune testate, tra cui « Il Giornale », l’agenzia Apcom (al desk di New York ) e la rivista di cultura ebraica « Shalom » di cui è ancora redattrice. Nel corso degli anni ha approfondito gli studi sul rapporto tra arti figurative ed ebraismo, e nei suoi numerosi viaggi in Israele è venuta a contatto con il cinema israeliano. Dal 1998 è consulente dell’Ambasciata d’Israele in Italia per iniziative culturali e festival cinematografici. E’ stata membro della giuria al Jerusalem Film Festival 2008 (per la sezione “Jewish Experience”) ed è curatrice insieme a Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann, del Festival Internazionale di Letteratura Ebraica. Nell’ultimo anno ha prodotto alcuni eventi culturali tra Italia e Israele, tra cui il concerto di Idan Raichel Project a Roma (Piazza del Campidoglio, in collaborazione con Zètema) e l’anteprima italiana di “Seven Days” di Ronit e Shlomi Elkabetz, nell’ambito del Festival Internazionale del Film di Roma.

Ospiti PKF 2014

GILA ALMAGOR - PKF2014Gila Almagor

Gila Almagor ha intrapreso la sua carriera di attrice a soli diciassette anni, in Israele, al teatro nazionale Habima, dove recita tutt’oggi. Allieva di importanti insegnanti di recitazione, come Lee Strassberg and Utah Hagen, ha recitato in più di cinquanta film, molto spesso nel ruolo di protagonista. Nel 1987 ha pubblicato il suo primo libro autobiografico, “L’estate di Aviya”, tradotto in sedici lingue, successivamente adattato per il teatro e messo in scena più di mille volte. Il film omonimo tratto dal libro, nel quale la Almagor recita nel ruolo di protagonista, le è valso il premio come miglior attrice al Festival di Berlino. A lei sono state dedicate molte retrospettive in tutto il mondo, a Toronto, Ontario, Montpellier, Mosca, Beijin e al Museum Of Modern Art di New York (Moma). L’attrice ha inoltre partecipato a vari festival come membro di giuria, tra gli altri al festival di Mosca, di Chicago e di Berlino. Conosciuta anche per la sua attività politica e di volontariato, nel 2004 Gila Almagor si è aggiudicata il riconoscimento più importante nel suo paese, il Premio Israele.

Gila Almagor embarked on her acting career at the tender age of 17, at Israel’s national Habima Theatre, where she still performs to this day. She studied with some of the world’s most important acting coaches such as Lee Strasberg and Uta Hagen, and has starred in more than fifty films, often in the lead role. In 1987 she published her first autobiographical novel, Aviya’s Summer, translated into 16 languages and then adapted for the theatre and staged more than a thousand times. The eponymous film adaptation stars Almagor as the protagonist, a performance that won her the Best Actress prize at the Berlin Film Festival. Many retrospectives of her work have been shown around the world, in Toronto, Ontario, Montpelier, Moscow, Beijing and at the Museum Of Modern Art in New York (MoMA). The actress has also served as a jury member for the festivals of Moscow, Chicago and Berlin among others. Almagor is known for her political activities and volunteer work, and in 2004 she was awarded her country’s highest honour, the Israel Prize.


Ya'acov Agmon - PKF2014Ya’acov Agmon

Ya’acov Agmon è un giornalista e produttore di teatro, cinema, ed eventi culturali. Il suo programma radio “Domande personali” va in onda ininterrottamente ogni settimana dal 1968 ad oggi. Agmon è stato direttore dei più importanti teatri israeliani: il teatro Cameri di Tel Aviv dal 1958 al 1962, dopo un periodo di studi negli Stati Uniti ha fondato il suo teatro Bimot e poi nel 1978 il teatro Beit Lessin. Dal 1995 al 2005 è stato direttore generale del teatro nazionale Habima, e recentemente dopo aver compiuto ottant’anni ha deciso di dirigere il teatro arabo ebraico di Jaffa. Agmon ha sempre prodotto eventi culturali di rilevanza nazionale, come le celebrazioni decennali nella fondazione dello Stato d’Israele, è stato fondatore e direttore del festival “Teatronetto”, del concorso Rubinstein e tanti altri. Nel 1968 con sua moglie Gila Almagor ha assunto l’italiano Gilberto Tofano come regista del film Matzor, presentato al PKF2014.

Ya’acov Agmon is a journalist and a producer of theatre, cinema and cultural events. His radio show “Personal Questions” has been broadcast continually every week from 1968 to today. Agmon has directed the most important theatres in Israel: the Cameri in Tel Aviv from 1958 to 1962, then, after studying in the United States, he established his own theatre, the Bimot, and in 1978 he directed the Beit Lessin. From 1995 to 2005 he was General Manager of the Habima national theatre. Most recently, having turned eighty, Agmon decided to direct the Arab-Jewish theatre in Jaffa. He has always produced cultural events of national significance, such as the ten-yearly celebrations to mark the foundation of the State of Israel. He was the founder and director of the “Teatronetto” festival, the Rubinstein competition and much much more. In 1968, with his wife Gila Almagor, he hired Italian Gilberto Tofano as director for the film Matzor, presented at PKF2014.


Gilberto Tofano - PKF2014Gilberto Tofano

Gilberto Tofano è nato a Roma nel 1929. Personaggio eclettico dello scenario artistico italiano, ha studiato danza e coreografia con Alexandre e Clotilde Sakharof, ha lavorato poi come scenografo, costumista e coreografo, attore e danzatore in alcuni film e spettacoli teatrali. E’ stato assistente di Giorgio Strehler, al quale è rimasto sempre vicino e legato da profonda amicizia. Dai primi anni ’60 ha vissuto per ripetuti periodi in Israele, dove ha lavorato come regista teatrale, per il Teatro Bimot di Tel Aviv e per il Teatro Municipale di Haifa, realizzando diversi spettacoli. Tra questi hanno avuto maggior successo “La Collina di Spoon River” (col Teatro Bimot), il “Tartuffe” di  Molière (per il Teatro di Haifa) con scene e costumi di Emanuele Luzzatti, ed il controverso “Il Potere del Potere”. Sempre in Israele ha sceneggiato (con l’attrice Gila Almagor e lo scrittore Dan Ben Amotz), diretto e montato  Matzor (Assedio),  in concorso al Festival di Cannes nel 1969, per il quale ha ricevuto il premio nazionale israeliano Kinnor David. Il film, presentato al PKF2014, sarà restaurato nel 2015 dalla cineteca di Bologna, per un progetto coprodotto dal PKF e le cineteche di Geusalemme e Bologna, e con il sostegno del Ministero degli Esteri israeliano.

Gilberto Tofano was born in Rome in 1929. An eclectic personality in the Italian cultural scene, he studied dance and choreography with Alexandre and Clotilde Sakharoff before then working as a set and costume designer, choreographer, actor and dancer in several films and plays. He was the close assistant to Italian opera and theatre director Giorgio Strehler, with whom he developed a deep, lifelong friendship. From the early 1960s Tofano had several stints living in Israel, directing various productions for the Bimot Theatre in Tel Aviv and the Haifa Municipal Theatre. His biggest stage hits included “Spoon River Anthology” (at the Bimot), “Tartuffe” by Molière (at the Haifa Theatre) with set designs and costumes by Emanuele Luzzatti, and the controversial “Il Potere del Potere”. While living in Israel, Tofano co-wrote (with actress Gila Almagor and the author Dan Ben Amotz), directed and edited Matzor (Siege), screened in competition at the 1969 Cannes Film Festival, for which he was awarded the Israeli national prize, the Kinnor David award. In 2015, his film Seige(on the PKF2014 programme) , will be restored by the Bologna film archive, in a project co-produced by the PKF as well as the Jerusalem and Bologna archives, and with the support of the Israeli foreign ministry. 


Adi Arbel - PKF2014Adi Arbel

Adi Arbel è la direttrice artistica di Canale 8. Ha seguito, tra gli altri, i progetti di Waltz with Bashir, Road Blocks, The Apartment, The Cemetery Club, To See if I’m Smiling, tutti presentati negli scorsi anni al PKF. Come consulente ha lavorato con le più importanti fondazioni di cinema israeliano: Israeli Film Fund, Rabinovich Foundation, Makor Foundation, Jerusalem Film and Television Fund e Co-Production Forum e altre. Come regista ha diretto Lullaby (2004), I Sleep and My Heart is Awake (2010) e Life as a Rumor (2013) presentato al PKF2014.

Adi Arbel is the artistic director at the Israeli TV network Channel 8. Projects she has followed include Waltz with Bashir, Road Blocks, The Apartment, The Cemetery Club and To See if I’m Smiling, all presented at last year’s PKF. She has also worked as a consultant for some of the most important Israeli cinema institutions: the Israeli Film Fund, Rabinovich Foundation, Makor Foundation, Jerusalem Film and Television Fund and the Co-Production Forum among many more. As a director, she made Lullaby (2004), I Sleep and My Heart is Awake (2010) and Life as a Rumor (2013), being screened at PKF2014.


Moish Goldberg - PKF2014Moish Goldberg

Moish Goldberg è un regista di documentari. Il suo primo film (diretto con Jonathan Gurfinkel) The Arena (2001) racconta la storia di Kikar Rabin, la piazza di Tel Aviv dedicata a Itzhak Rabin, come fosse un microcosmo della società israeliana. Ha diretto inoltre A Million Bullets in October (2008) dove mette in luce nuovi aspetti della la seconda intifada, Life as a Rumor (2013), presentato al PKF2014, che racconta l’affascinante storia del cineasta Assi Dayan. In questi giorni va in onda in Israele la sua serie documentaria Defense Files (2014) che segue in sei episodi il lavoro degli avvocati-difensori d’ufficio e i rapporti che sviluppano con i loro assistiti.

Moish Goldberg is a documentary maker. His first work, The Arena in 2001, directed together with Johnathan Gurfinkel, was the story of Kikar Rabin, the Tel Aviv square dedicated to Yitzhak Rabin, shown as though it were a microcosm of Israeli society. He then directed A Million Bullets in October (2008) illustrating new aspects of the second intifada. Then came Life as a Rumor (2013), presented at PKF2014, following the fascinating life story of filmmaker Assi Dayan. Goldberg’s six-part documentary series Defense Files (2014), currently being aired on Israeli television, follows the work of public defenders and the relationships they develop with the criminals they defend.   


Shirly Berkovitz - PKF2014Shirly Berkovitz

Shirly Berkovitz è una documentarista israeliana, laureata in cinema al Beit Berl college. Già da studente ha partecipato rispettivamente con “Blocked” (2004) e “Hundred Percent” (2005) al Festival di Haifa e a Doc Aviv.
Nota per il suo stile grezzo e diretto, i suoi film vanno alla ricerca nei meandri meno conosciuti della società israeliana.
“The way up” (2009), che segue la storia di una giovane immigrante senza casa è stato presentato sul canale “Yes Docu”, per poi partecipare a numerosi festival e aggiudicandosi premi internazionali.
Shirly fa parte del consiglio del Forum israeliano dei documentaristi, in cui è molto attiva.
Al PKF2014 la regista presenta il suo ultimo film The Good Son che tratta l’argomento della transessualità nella società conservative.

Shirly Berkovitz is an Israeli documentary-maker and a graduate in cinema from Beit Berl College. Even when she was still a student her works “Blocked” (2004) and “Hundred Percent” (2005) were respectively screened at the Haifa Festival and Doc Aviv. Her films delve into little-explored areas of Israeli society and she is known for her direct and forthright approach.”The Way Up” (2009), the story of a young female immigrant who is homeless, was aired on the Yes Docu channel before then being screened at many festivals and bagging international prizes.Shirly is an active committee member of Israeli Forum of Documentary Makers.Her latest film, “The Good Son”, on the subject of transsexuality in a conservative society is being screened at PKF2014.


Vetrina: Panorama

Bethlehem di Yuval Adler, Israele, 99′

Bethlehem – Beith Lehem (Betlemme)

Il giovane palestinese Sanfur è stato reclutato anni fa per collaborare con i servizi segreti israeliani. Tra lui e Razi, il suo contatto israeliano, si è sviluppato un rapporto intimo e di dipendenza reciproca. Quando gli israeliani vogliono ottenere informazioni sul fratello di Sanfur, ricercato per la sua attività clandestina, la faccenda si complica e esplode.

Questo dramma personale, intriso di segreti e di inganni, si snoda sullo sfondo dei territori occupati, dove guerrieri, politici, terroristi, e soldati, lottano tra loro in una battaglia che non permette di distinguere i “buoni” e i “cattivi”.

Il film, apprezzato per il suo realismo ma anche per il modo sofisticato che usa per commuovere il pubblico, è stato presentato in prima internazionale al Festival di Venezia, e si è aggiudicato il premio Ophir per la migliore regia e come miglior film all’Accademia israeliana del cinema.

Years ago, young Palestinian boy Sanfur was recruited as an informer by the Israeli secret services. He develops a very intimate, mutually dependent relationship with Razi, his Israeli agent contact. When the Israelis want information about Sanfur’s brother, under investigation for illegal activities, things get complicated and the situation explodes.
This personal drama, steeped in secrets and lies, plays out on the backdrop of the occupied territories, where militants, politicians, terrorists and soldiers all fight among themselves in a battle where it is impossible to distinguish the “good guys” from the “bad guys”.
The film has been praised for its realism and the sophisticated way it stirs the audience’s emotions. It was presented as an international premiere in the Venice Days section of the 70th Venice Film Festival, and won Ophir awards for Best Director and Best Picture assigned by the Israel Film Academy.

Anno: 2013
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 99
Lingua: Ebraico – Arabo
Regia: Yuval Adler
Sceneggiatura: Yuval Adler, Ali Wakad
Montaggio: Ron Omer
Fotografia: Yaron Scarf
Cast: Shadi Mar’i, Tsahi Halevy, Hitam Omari, Tarek Copti, Michal Shtemler
Produzione: Talia Kleinhandler, Osnat Handelsman-Keren, Diana Elbaum


 

Big Bad Wolves di Aharon Keshales, Navot Papushado, Israele, 110′

Big Bad Wolves – Mi mefached mehaze’ev hara? (Chi ha paura del lupo cattivo?)

Un poliziotto pensionato e un padre di una bambina recentemente assassinata, decidono di farsi giustizia da soli, e scovare il brutale assassino. All’inizio agiscono uno indipendentemente dall’altro, poi decidono di collaborare, credendo che il presunto colpevole sia stato rilasciato dalla polizia per mancanza di prove. Così rapiscono il sospettato per costringerlo a confessare e rivelare dove è nascosto il cadavere. In una capanna abbandonata si consuma l’ultimo atto del film…

Il giovane duo Keshales – Papushado riesce nel suo secondo “thriller-horror” di importazione a bilanciare tra il comico e il terrificante, e ad entrare in una realtà israeliana che consegna al film una patina sovversiva.

Il film si è aggiudicato il primo premio all’Accademia Americana del Film di Fantascienza, Fantasia e Orrore, il Cavallo Nero al Fantasia Film Festival di Montreal, e cinque premi della Accademia Israeliana del Cinema.

A vigilante police officer and a father whose daughter has recently been murdered decide to take justice into their own hands and flush out the brutal killer. At first they act independently then decide to work together, believing that the police have let the presumed murderer go free because of a lack of proof. So they kidnap the suspect to force him to confess and reveal where the body is hidden. The film’s final act takes place in an abandoned hut…
In their second “thriller-horror” film adaptation, the young duo Keshales – Papushado manage to juggle terrifying torture with black humour, entering into an Israeli reality that gives the film a subversive feel.
The picture was awarded Best International Film by the American Academy of Science Fiction, Fantasy & Horror Films, the Cheval Noir for Best Film at the Montreal Fantasia Film Festival and five awards from the Israeli Film Academy.

Anno: 2013
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 110
Lingua: Ebraico
Regia: Aharon Keshales, Navot Papushado
Sceneggiatura: Aharon Keshales, Navot Papushado
Montaggio: Asaf Corman
Fotografia: Giora Bejach
Musica: Haim Frank Lifman
Cast: Lior Ashkenazi, Tzahi Grad, Doval’e Glickmann Rotem Keinan
Produzione: Tami Leon, Hillik Michaeli, Avraham Pirchi – UCM

GETT, The Trial of Viviane Amsalem di Ronit e Shlomi Elkabetz , Israele, 115′

GETT, The Trial of Viviane Amsalem – Gett, Hamishpat shel Viviane Amsalem

Il film racconta il processo di Viviane Amsalem, che combatte da cinque anni la sua battaglia per ottenere il divorzio (in ebraico “Gett”), di fronte all’unica autorità competente riconosciuta in Israele, il tribunale rabbinico. Viviane e il suo avvocato devono affrontare il marito Elisha, il quale non vuole per nessun motivo cedere alla richiesta della moglie, e non risponde persino alle convocazioni del tribunale. Quando l’uomo è finalmente obbligato a presentarsi davanti alla corte, e sembra aver ceduto alla richiesta di Viviane, durante la cerimonia di divorzio, la donna dovrà ancora combattere per la sua dignità…

Ultimo atto della trilogia degli Elkabetz (insieme a To Take a Wife e Seven Days, già presentati al PKF), Gett è girato quasi completamente in una stanza (il tribunale). Gli Elkabetz hanno richiamato a recitare grandi attori del cinema israeliano, già coinvolti nel precedente film. Gett è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes, ha vinto alcuni premi, tra cui in Israele il premio Ophir come Miglior Film e per il Miglior Attore non protagonista (Sasson Gabai). Al PKF2014 Gett è presentato in anteprima italiana, grazie alla preziosa collaborazione di Parthénos Distribuzione.

The film is about the trial of Viviane Amsalem, and her five-year fight to obtain a divorce (called a Gett in Hebrew) from the only competent recognised authority in Israel, a religious court run by rabbis. Viviane and her lawyer have to stand up to her husband Elisha, who adamantly refuses to agree to his wife’s request for a divorce and even fails to respond to court summonses. When the man is finally forced to attend court and seems to have agreed to Viviane’s request, the woman still has to fight for her dignity during the divorce ceremony…

Gett is the final film in the Elkabetz’s trilogy preceded by To Take a Wife and Seven Days (both presented at past editions of PKF). Virtually the entire story takes place in one room, the tribunal, featuring great performers from the world of Israeli film, already starring in the directors’ previous films. Gett premiered at the Cannes Film Festival, going on to win various awards, including the Israeli Ophir prizes for Best Film and Best Supporting Actor (for Sasson Gabai). Gett will be presented as an Italian premiere at PKF2014 thanks to the invaluable collaboration of Parthénos Distribuzione.
 

Anno: 2014
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 115
Lingua: Ebraico – Francese
Regia: Ronit e Shlomi Elkabetz
Sceneggiatura: Ronit e Shlomi Elkabetz
Montaggio: Joelle Alexis
Fotografia: Jeanne Lapoirie
Musica: Dikla, Shaul Besser
Cast: Ronit Elkabetz, Simon Abkarian, Menashe Noy, Sasson Gabai, Eli Gornstein, Rami Danon, Roberto Pollak, Albert Illuz, Evelin Hagoel, Ruby Porat Shoval, Ze’ev Revach, Dalia Begger, Avraham Selektar, Shmil Ben Ari, Gabi Amrani
Produzione: Sandrine Brauer, Marie Masmonteil, Denis Carot (Elzavir & Cie), Michael Eckelt (RIVA Film), Shlomi Elkabetz (DBG Films)

The Good Son di Shirly Berkovitz, Israele, 52′

The Good Son – Shkarim Ba’aron (Bugie nell’armadio)

Or, un giovane israeliano ventiduenne, si chiude in camera nascosto dai suoi genitori conservatori. La sua tana diventa un quartier generale da dove far partire il suo piano di truffe e inganni, per cambiare la sua vita. I suoi genitori non possono immaginare il suo progetto, e credono che il figlio abbia bisogno di soldi per iniziare i suoi studi ad Oxford. Quando Or torna a casa la famiglia deve affrontare una nuova realtà.
La regista indipendente Shirly Berkovitz, segue questa storia incredibile in un’intimità rara. Usando metodi che rischiano di oltrepassare i confini etici e professionali, consegna allo spettatore una storia che costringe ad affrontare tabù e pregiudizi.
Presentato dalla televisione israeliana come una mini serie documentaria, il film ha poi girato i grandi Festival internazionali, aggiudicandosi all’International Documentary Film Festival Amsterdam, il premio del pubblico.

A 22-year old Israeli man called Or shuts himself in his room, hiding from his conservative parents. His lair becomes the headquarters for his secret plan of deception and trickery, to change his life. His parents have no idea about his project, believing their son needs money to start his studies at Oxford. When Or returns home, the family will have to face up to a new reality.
Independent director Shirly Berkovitz follows this incrediblestory creating a rare intimacy. Adopting methods that verge on a breach of ethical and professional boundaries, she presents audiences with a story that forces them to confront taboos and prejudice.
The film was broadcast on Israeli television as a documentary mini-series before then being screened at major international festivals, winning the audience award at the International Documentary Film Festival Amsterdam.

Anno: 2013
Nazione: Israele
Genere: Documentario
Durata: 52
Lingua: Ebraico
Regia: Shirly Berkovitz
Montaggio: Daniel sivan, Tova Asher
Fotografia: Shirly Berkovitz
Musica: Kutiman
Produzione: Shirly Berkovitz

Magic Men di Guy Nattiv, Erez Tadmor, Israele, 100′

Magic Men – HaBen Shel Elokhim (Il figlio di D-o)

E’ la storia di un anziano signore di origini greche e del suo viaggio a Salonicco e Santorini alla ricerca dello sconosciuto che salvò suo padre durante la Shoah. Lo accompagna suo figlio, un rapper chassidico che vede nel viaggio l’opportunità di riconciliarsi con il padre, sanando tutte quelle incomprensioni che li hanno tenuti lontani per anni. I due uomini intraprendono così un viaggio attraverso un paese in crisi, alla ricerca di un uomo di cui non sanno nulla, a parte il nome, e riescono a ritrovare se stessi e a costruire un nuovo rapporto tra di loro.

Magic Men, insignito del prestigioso riconoscimento dell’Israel Film Academy per la straordinaria interpretazione di Makram J. Khoury (un attore arabo-israeliano, per la prima volta interprete di un sopravvissuto alla Shoah), è un Road Movie scandito da momenti musicali tradizionali ed altri introspettivi. Il film è il secondo del sodalizio artistico Tadmor-Nattiv, che hanno già presentato il loro Strangers al PKF.

This is the story of an old Greek man and his journey to Thessaloniki and Santorini to search for the stranger who saved his life during the Holocaust. He is accompanied by his son, a Hassidic rapper, who sees the trip as a chance for reconciliation with his father, a way to heal all those misunderstandings that have kept them apart for years. So they travel together through a country in crisis, searching for a man they know nothing about, only his name. On the way, they each manage to find themselves and build a new relationship.

Magic Men is a road movie alternating between moments of traditional musicand introspective scenes.The Israel Film Academy awarded Makram J. Khoury (the first Arab-Israeli actor to play a Holocaust survivor) for his remarkable performance in the picture.  This is the second film by the creative duo Tadmor-Nattiv, who presented their film Strangers at PKF in the past.

Anno: 2013
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 100
Lingua: Ebraico
Regia: Guy Nattiv, Erez Tadmor
Sceneggiatura: Sharon Maymon, Guy Nattiv, Erez Tadmor
Montaggio: Ophir Leibovitch
Fotografia: Benji Cohen
Musica: Einat Glaser-Zarhin
Cast: Makram J. Khoury, Zohar Strauss, Ariane Labed, Vangelis Mourikis
Produzione: ComeBacks Films

Next to Her di Asaf Korman, Israele, 90′

Next to Her – At li layla (Per me sei notte)

La giovane Heli abita da sola con la sorella Gaby, portatrice di handicap, in uno squallido appartamento di un quartiere periferico di Haifa. Quando si scopre che Heli lascia Gaby sola per ore, per andare a lavoro, interviene l’assistente sociale, così la giovane donna è costretta a mettere sua sorella in un istituto durante il giorno. Questo evento permette al giovane Zohar di entrare nella vita di Heli. Così viene a crearsi un triangolo umano dove si consumano i confini tra amore, sacrificio, nutrimento e tortura.
Opera prima di Asaf Korman in cui il regista racconta in modo intenso e naturalistico una storia sorprendente, ispirata all’esperienza di sua moglie Liron Ben Shlush, che ha scritto la sceneggiatura e interpreta il personaggio principale.
Il film è stato presentato in anteprima internazionale al Festival di Cannes, e poi ai Festival internazionali di Karlovy Vary, Chicago, Montreal e Pusan. Per il ruolo di Gaby, Dana Ivgy si è aggiudicata il premio Ophir 2014 come migliore attrice non protagonista.

Young Heli lives alone with her sister Gaby, who has mental problems, in a squalid flat in a suburb of Haifa. When a social worker discovers that Heli leaves Gaby alone in the house for hours, to go to work, the young woman is forced to put her sister in a day-care centre. This creates room for young Zohar to come into Heli’s life. The three of them will be forced into a twisted relationship, where boundaries between love, sacrifice, nurturing and torturing – are broken.
Asaf Korman’s first film uses an intense and naturalistic style to tell this surprising story, inspired by the experience of his wife, Liron Ben Shlush, who wrote the screenplay and plays the main character in the film.
The picture was presented as an international premiere at the Cannes Film Festival followed by screenings at Karlovy Vary, Chicago, Montreal and Pusan festivals. In addition, Dana Ivgy won the Israeli Film Academy’s 2014 Ophir award for Best Supporting Actress for her performance as Gaby.

Anno: 2014
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 90
Lingua: Ebraico
Regia: Asaf Korman
Sceneggiatura: Liron Ben Shlush
Montaggio: Shira Hochman, Asaf Korman
Fotografia: Amit Yasour
Cast: Liron Ben- Shlush, Dana Ivgy, Yaakov Daniel Zada
Produzione: Haim Mecklberg, Estee Yaacov Mecklberg, 2-Team Production

Life According to Agfa di Assi Dayan, Israele, 100′

Life According to Agfa – HaChayim al-pi Agfa (La vita secondo Agfa)

Un pub di Tel Aviv, “fra un anno dal presente”. Ci  sono come sempre le due padrone del posto,  ognuna con i propri problemi,  Benny il poliziotto psicopatico,  Riki – una donna instabile a cui il dottore ha raccomandato di non stare mai da sola, un cantante provocatorio, spacciatori di droga, qualche soldato e gli arabi che lavorano in cucina. Così tra tensioni sociali e apparente tranquillità, questo gruppo di persone si ritrova nel locale “Barbie” (nome che evoca il manicomio non lontano)  in una depressione  che non permette di essere coscienti della catastrofe che li aspetta.

Nella carriera del cineasta Assi Dayan, questo film segna il suo ritorno al cinema impegnato. Girato in bianco e nero, il film non deve essere interpretato solo come una visione apocalittica della realtà, ma anche come un saggio sul cinema israeliano. Infatti Dayan ha radunato per il film i protagonisti della storia del cinema israeliano, prima per distruggerli, poi per far nascere dai relitti un nuovo cinema, questa volta a colori.

Un decenno più tardi la “lezione” di Dayan si è concretizzata nel “Rinascimento degli anni 2000” del cinema israeliano, di cui il paese raccoglie tutt’ora i frutti.

A pub in Tel Aviv, “one year from the present day”. The two women who own the bar are there as always, each with their own problems. Then there’s Benny, the psychopathic policeman, Riki, a mentally fragile woman who is “under doctor’s orders” never to be alone, a provocative singer, some drug dealers, a few soldiers and the Arabs who work in the kitchen. So, between social tensions and apparent calm, this group of people gather at the “Barbie” (named after a famous Israeli mental health institution nearby), in a depression that blinds them to the catastrophe lying in wait for them.
This film marked director Assi Dayan’s return to films with social themes. Shot in black and white, the film should not be merely interpreted as just an apocalyptic vision of reality, but also as an essay on Israeli cinema. Indeed, Dayan brought together the protagonists of the history of Israeli cinema for the film, first to break them down them and then to build a new kind of cinema from the ruins, this time in colour.
Ten years later, Dayan’s “lesson” would become reality in Israeli cinema’s “Renaissance of the 2000s”, which continues to this day.

Anno: 1992
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 100
Lingua: Ebraico
Regia: Assi Dayan
Sceneggiatura: Assi Dayan
Montaggio: Zohar Sela
Fotografia: Yoav Kosh
Musica: Naftali Alter, Danny Litani
Cast: Gila Almagor, Ezra Kafri, Shuli Rand, Avital Dicker, Irit Frank, Danny Litani, Akram Tillawi, Smadar Kilchinsky, Sharon Alexander, Shmil Ben Ari
Produzione: Rafi Bukaee

Vetrina: Evento Speciale

Matzor di Gilberto Tofano, Israele, 100′

Matzor – L’assedio

Tamar ha perso suo marito durante la Guerra dei Sei Giorni. E’ passato oramai più di un anno, eppure lei non è tornata a lavorare e si dedica completamente al suo unico figlio. Eli, amico del marito, le sta vicino e la guida su come comportarsi da vedova di guerra. Tamar si sente soffocare, poi un giorno incontra David, uomo che lavora su un bulldozer e che la spinge ad uscire dall’assedio. Così Tamar cambia il modo di vestire, la pettinatura e torna a vivere. I suoi amici non condividono il cambiamento. Poi anche David viene richiamato sotto le armi, e sembra che tutto tornerà a ripetersi.
Gilberto Tofano, un italiano in terra straniera (Israele), riesce in questo film a comprendere e decodificare la società israeliana, con le sue nevrosi, il collettivismo a volte soffocante, la continua tensione e presenza della morte, forse meglio di come avrebbe fatto un cineasta locale. Il film, girato in bianco e nero, con una fotografia in stile documentario, un montaggio Nouvelle Vague che mette insieme la sceneggiatura con materiali estratti dai programmi di attualità, ha fatto fare al cinema israeliano un passo in avanti. Per il suo valore, infatti, fu presentato in concorso al Festival di Cannes.
La proiezione di Matzor al PKF2014 segna il lancio del progetto di restauro del film da parte della Cineteca di Bologna. Un progetto coprodotto dal PKF con le cineteche di Geusalemme e Bologna, e il sostegno del Ministero degli Esteri israeliano.

 Tamar’s husband was killed during the Six Day War. He died more than a year ago but she has still not returned to work and spends all her time looking after her only son. One of her husband’s friends, Eli, gives her support and guidance on how she should behave as a war widow. Tamar feels suffocated until one day, when she meets David, a bulldozer operator who encourages her to put an end to her ‘siege’. So Tamar changes the way she dresses, gets a new hairstyle and returns to work; though her friends do not support her transformation. Then David is also called up to the army and history seems about to repeat itself.
In this film, Gilberto Tofano, an Italian in a foreign land (Israel), manages to understand and decipher Israeli society with its neuroses, the sometimes suffocating collectivism, the continual tension and presence of death, perhaps with even greater insight than a local filmmaker would have had. The film is shot in black and white, with photography reminiscent of documentary making, edited in a Nouvelle Vague style with a screenplay touching on topical themes. Siege marked a turning point for Israeli cinema, so much so that it was shown in competition at the Cannes Film Festival. 
The screening of Siege at PKF2014 marks the launch of the film’s restoration, being undertaken by the Bologna Film Archive. This initiative is being co-produced by PKF with the Jerusalem and Bologna archives and with the support of the Israeli foreign ministry.

Anno: 1969
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 100
Lingua: Ebraico
Regia: Gilberto Tofano
Sceneggiatura: Dahn Ben Amotz, Gila Almagor, Gilberto Tofano
Montaggio: Dani Shick
Fotografia: David Gurfinkel
Musica: Yohanan Zaray
Cast: Gila Almagor, Tehoram Gaon, Dahn Ben Amotz
Produzione: Ya’ackov Agmon, Michael J. Kagan

Vetrina: Omaggio Assi Dayan

Life as a Rumor di Adi Arbel, Moish Goldberg, Israele, 90′

Life as a Rumor – Hachaim Kishmu’a (La vita come un pettegolezzo)

“Life as a Rumor” è un documentario autobiografico su Assi Dayan, il regista e attore del cinema israeliano scomparso nel maggio del 2014, figlio del famoso generale Moshe Dayan.
Assi Dayan non è stato solo il protagonista del cinema israeliano, ma anche “una comparsa” nella storia israeliana, interpretando in un certo senso tutti i ruoli e i cambiamenti politici e sociali del suo paese.
Questa è anche la storia della famiglia Dayan, i “Kennedy” della politica israeliana, caratterizzata dalle lotte continue tra la generazione dei padri fondatori e figli ribelli.
Arbel e Goldberg hanno creato un documentario diverso, costriuito quasi interamente da materiale d’archivio, in un linguaggio cinematografico fluente e naturale, senza avere necessità dell’aiuto di interviste e altri mezzi didascalici. E’ così che lo spettatore si immerge in un racconto, dibattuto tra l’ammirazione e la pietà per un personaggio che ha rappresentato il “Forrest Gump” della storia israeliana contemporanea.
 


Life as a Rumor is an autobiographical documentary about Assi Dayan, the Israeli film director and actor who died in May 2014, also son of the famous general Moshe Dayan.
Assi Dayan was not only a leading light of Israeli cinema, he also had a “walk-on part” in Israel’s history, in a certain sense interpreting all the political and social roles and illustrating the changes in his country.
This is also the story of the Dayan family, the “Kennedys” of Israeli politics, whose hallmark was the continual generational battle between the founding fathers and their rebel sons.
Arbel and Goldberg have created a different kind of documentary, composed almost entirely of archive footage, assembled in a natural and fluent cinematographic style, without needing to resort to interviews and other didactic tools. In this way, the audience is plunged into a story, torn between admiration and pity for a personality who represented the “Forrest Gump” of Israel’s modern history.

Anno: 2013
Nazione: Israele
Genere: Documentario
Durata: 90
Lingua: Ebraico – Arabo
Regia: Adi Arbel, Moish Goldberg
Sceneggiatura: Assi Dayan
Montaggio: Tal Rabiner
Fotografia: Shark De Mayo
Musica: Aviv Aldema
Produzione: Amir Harel, Ayelet Kait, Lama Films

In Treatment di Hagai Levi , Israele, 60′

In Treatment – Betipul (In terapia)

In questa serie televisiva lo spettatore è invitato a seguire la vita privata e professionale dello psicologo Re’uven Dagan (Assi Dayan). Ogni giorno della settimana il Dottor Dagan ascolta un paziente diverso. Il giovedì tocca al dottore andare a colloquio dalla sua psicologa (Gila Almagor). Tutti i giorni gli spettatori sono invitati a 30 minuti di terapia.
La serie televisiva israeliana Betipul, osannata dalla critica come capolavoro, ha ottenuto un gran successo in Israele ed è stata punto di riferimento anche per il mondo della psicologia. E’ stata trasmessa in molti paesi, e adattata per la televisione in America ed in italia.

Episodio 1.1
 La giovane Na’ama (Ayelet Zorer) si trova in crisi. Il suo fidanzato le ha dato un ultimatum: o si sposano, o si lasciano. Ma la faccenda è molto più complicata, visto che Na’ama si innamora del suo terapista (Assi Dayan).
Episodio 2.25
Re’uven Ha perso suo padre. Durante il colloquio con la sua mitica psicologa (Gila Almagor) gli è difficile accettare il fatto che, malgrado lei rappresenti in questo momento una delle persone a lui più vicine, si tratti però di un rapporto professionale e non di pura amicizia.

In this television series, the viewer is invited to follow the private and professional life of psychologist Re’uven Dagan (Assi Dayan). Every day, Doctor Dagan listens to a different patient, while on Thursdays he goes to see his own psychologist (Gila Almagor). As such, viewers are offered a daily, thirty-minute therapy session.
The Israeli TV series Betipul, lauded by critics as a masterpiece, was a huge domestic hit as well a point of reference for the world of psychology. It has been broadcast in many countries, with local adaptations in America and Italy.

Episode 1.1
Young Na’ama (Ayelet Zorer) is in the middle of a crisis. Her boyfriend has given her an ultimatum: either they get married or they split up. But the situation is much more complicated, given that Na’ama has fallen in love with her therapist (Assi Dayan).
Episode 2.25
Dagan’s father has died. During his therapy session with his fabled psychologist (Gila Almagor) he finds it hard to accept that while she is one of the people closest to him at that moment, theirs is nonetheless a purely professional relationship, not a friendship.

Anno: 2005
Nazione: Israele
Genere: A episodi
Durata: 60
Lingua: Ebraico
Regia: Hagai Levi
Sceneggiatura: Ori Sivan, Asaf Tzipor, Yael Hedaya
Montaggio: Ami Tir, Yael Hersonski
Fotografia: Yoram Millo, Benjamin Chiram
Musica: Avi Balili
Cast: Assi Dayan, Ayelet Zurer, Gila Almagor

My Father, my Lord di David Volach, Israele, 80′

My Father, my Lord – Hufshat kaitz (Vacanza d’estate)

Una piccola famiglia di ebrei ortodossi, composta dal padre (interpretato da Assi Dayan), madre (Sharon Hacohen-Bar) e figlio (Ilan Grif) si appresta a partire per una gita al Mar Morto, dove però li attende una terribile tragedia. E Dio? Il suo silenzio continua.

David Volach, regista cresciuto nel mondo ortodosso, pone con grande sobrietà i suoi protagonisti e il suo pubblico di fronte ad interrogativi sull’essenza della fede e la presenza del dubbio.

Questo film ha offerto l’occasione all’oramai malato ed esausto Dayan d’interpretare un ruolo il  più lontano possibile dal suo ambiente naturale. E Dayan l’ha accolto come una missione per dimostrare intelligenza, capacità e talento nell’interpretazione raffinata e di sottigliezze drammatiche, permettendo così al pubblico di introdursi nell’universo dell’ortodossia ebraica israeliana.

A small family of ultraorthodox Jews – a father (played by Assi Dayan), mother (Sharon Hacohen-Bar) and son (Ilan Grif) – set off on a day out to the Dead Sea, where a terrible tragedy awaits them. And God? His silence continues.
David Volach, a director actually raised in the ultraorthodox community, makes both his characters and his audience consider questions about the essence of faith and the presence of doubt, with great simplicity.
This film offered Dayan, who was by then sick and exhausted, to play a totally different kind of role, entirely outside his normal pantheon. And Dayan grabbed the opportunity to give a refined interpretation with dramatic nuances that showed his intelligence, ability and talent. This allows audiences to immerse themselves in the world of the Israeli ultraorthodox community.

Anno: 2006
Nazione: Israele
Genere: Lungometraggio
Durata: 80
Lingua: Ebraico
Regia: David Volach
Sceneggiatura: David Volach
Montaggio: Haim Tabakman
Fotografia: Boaz Yehonatan Yaakov
Musica: Tomer Ran
Cast: Assi Dayan, Ilan Griff, Sharon Hacohen
Produzione: Eyal Shirai

Vetrina: Percorsi ebraici

Mi ritroverai dentro di te di Eitan Pitigliani, Argentina, Italia, 13′

Mi ritroverai dentro di te – Me Reencontreras dentro de ti

Pablo lascia Buenos Aires e parte per Roma alla ricerca di suo nonno, di cui ha soltanto un quadro ed una poesia. Il viaggio diventerà la scoperta per Pablo di una inaspettata consapevolezza delle proprie origini che, oltre lo spazio, il tempo e la Shoah, sono dentro l’anima, incancellabili.

Eitan Pitigliani, classe 1986, studia Regia Cinematografica a New York e Londra e nel 2010 dirige il suo primo cortometraggio, In questa vita, sul terremoto de L’Aquila, vincitore di numerosi premi internazionali e selezionato in Vetrina ai Nastri d’Argento di Cortina nel 2011. Mi ritroverai dentro di te, è stato presentato in diversi festival tra cui il Jerusalem Film Festival, il Los Angeles Jewish Film Festival e al Giffoni Film Festival dove ha vinto il premio Golden Spike Award.

Pablo leaves Buenos Aires and travels to Rome looking for his grandfather, of whom he only has a painting and a poem. By the end of his journey he will discover his true origins.

Eitan Pitigliani started as an actor and then decided to become a director. He studied in London and New York and made his first short film, “In this life” in 2010. The film was praised in several international festivals. In 2013 he realized his short film, “Me reencontraràs dentro de ti”, was presented in several festival as the Jerusalem Film Festival, Los Angeles Jewish Film Festival and to Giffoni Film Festival, where it won the Golden Spike Award.

Anno: 2013
Nazione: Argentina, Italia
Genere: Cortometraggio
Durata: 13
Lingua: Spagnolo
Regia: Eitan Pitigliani
Sceneggiatura: Eitan Pitigliani, Alessandro Regaldo
Montaggio: Alessio Doglione
Fotografia: Timoty Aliprandi
Musica: Paolo Vivaldi
Cast: Andres Gil
Produzione: Pier Andrea Nocella, Laura S.Ruedeberg, Angelo Laudisa

I’m Your Man di Lian Lunson, Stati Uniti d’America, 98′

Presentato al Festival di Berlino nel 2006, I’m your man è Il ritratto di uno degli artisti più significativi e influenti del panorama musicale degli ultimi cinquanta anni. Leonard Cohen, scrittore eclettico, compositore geniale, uomo di fama internazionale discreto e riservato, viene qui raccontato da colleghi e amici che conducono lo spettatore in un viaggio suggestivo ed emozionante alla scoperta, o riscoperta, di uno dei più grandi poeti viventi.   


I’m Your Man 
is a portrait of one of the most important and influential artists in music over the last fifty years: Leonard Cohen. In this work, this eclectic writer, brilliant composer, international legend yet discreet and reserved man, is discussed by his friends and colleagues. They lead the audience on a suggestive and emotional journey to discover, or rediscover one of our greatest living poets.

Presented at the Berlin Film Festival in 2006, this documentary is a tribute to Leonard Cohen, an inspiration for entire generations since the 1960s. I’m Your Man has been defined by director Wim Wenders as “one of the greatest music films of all time”. The picture was inspired by a 2005 tribute show at the Sydney Opera House, involving world famous musicians such as Bono and The Edge from U2, Nick Cave, Antony, Julie Christensen and many more, who gave a series of memorable, exclusive interviews for the documentary, along with Cohen himself.

Anno: 2005
Nazione: Stati Uniti d’America
Genere: Documentario
Durata: 98
Lingua: Inglese
Regia: Lian Lunson
Montaggio: Mike Cahill
Musica: Leonard Cohen
Cast: LEONARD COHEN, BONO, NICK CAVE, JULIE CHRISTENSEN, ADAM CLAYTON, JURUIS COCKER, LARRY MULLER
Produzione: Sundance Channel, Horse Pictures

The Escape di Meni Elias, Israele, 74′

The Escape – Habricha (La fuga)

Questo documentario segue un gruppo di giovani israeliani partiti per un viaggio attraverso l’Europa, seguendo le tracce del movimento “Habricha”, che negli anni dopo la seconda guerra mondiale si è attivato per aiutare gli ebrei a fuggire dall’Europa e raggiungere la Palestina (poi Israele). Sullo sfondo dello scenario europeo attuale, seguendo i percorsi del passato, toccandone alcune tappe, i giovani incontrano alcuni sopravvissuti e altri testimoni che tramandano, attraverso i loro racconti, un’esperienza incredibile.

I ragazzi israeliani, provenienti da diversi contesti sociali e culturali, conoscono i coetanei europei. Così il viaggio fisico diventa anche emozionale, un modo originale, complesso e divertente per capire la storia e conoscere meglio se stessi.

Il film è già stato presentato in molte città del mondo, tra cui Melbourne, Belgrado, Hong Kong, Vancouver e Gerusalemme.


This documentary follows the adventures of a group of young Israelis, travelling across Europe on the trail of the Bricha Movement, set up to help Jews escape post-war Europe and get to Palestine (later Israel). Using today’s Europe as the backdrop, throughout the different stops on the routes of the Bricha the teenagers meet survivors and other witnesses to hear their extraordinary personal experiences.
The Israeli youngsters, from different social and cultural backgrounds, meet their European contemporaries. The journey they take, both physically and emotionally is complex, amusing, eye-opening – and very important to reach an understanding of themselves and of their history.
This documentary has been screened in many cities around the world, including Melbourne, Belgrade, Hong Kong, Vancouver and Jerusalem.

Anno: 2013
Nazione: Israele
Genere: Documentario
Durata: 74
Lingua: Ebraico
Regia: Meni Elias
Montaggio: Tor Ben Mayor
Fotografia: Meni Elias
Produzione: Tal Barda and Micha Shagrir

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